Berlino, Staatsoper im Schiller Theater, “L’étoile” di Emmanuel Chabrier
UNA PRODUZIONE NATA SOTTO UNA BUONA STELLA
“L’étoile” è un’opera buffa composta nel 1877 da Emmanuel Chabrier per il teatro des Bouffes Parisiens, luogo deputato per l’operetta e regno incontrastato di Offenbach e, se pur si tratti di una farsa dove per compiacere il gusto del pubblico parigino del tempo sono presenti incursioni nel grottesco e numerosi doppi sensi a sfondo erotico, offre un singolare mix di ironia e raffinatezza percorso da un gioco divertito di citazioni musicali (Wagner, Verdi, Donizetti) che, senza appesantire la brillante struttura musicale, contribuiscono al divertissement e anche nell’operetta si coglie il talento di un musicista colto, capace di un’orchestrazione vivace dalle armonie particolarmente audaci.
La vicenda narra di un re che, per festeggiare il proprio compleanno, è alla ricerca sotto mentite spoglie di un suddito da impiccare con un pretesto qualsiasi: Trova la vittima ideale nel venditore ambulante Lazuli, ma l’astrologo di corte lo dissuade in quanto il destino del giovane è, per oscure ragioni astrali, indissolubilmente legato a quello del sovrano. Il re codardo e credulone decide quindi di proteggere Lazuli favorendone la fuga con l’innamorata, ignorando che la fanciulla è in realtà la sua promessa sposa. Dopo una serie di peripezie e una vorticosa girandola di eventi da teatro dell’assurdo, Re Ouf non avrà altra scelta che designare Lazuli come suo successore.
Il libretto è una commedia brillante e Dale Duesing, cantante e regista americano, firma una regia dall’irresistibile passo teatrale in cui un’ora e cinquanta di musica volano senza tempi morti in perfetto equilibrio fra comicità e lirismo, con un’ironia brillante che stempera gli spunti “volgari” presenti nel testo e si ride di gusto dall’inizio alla fine.
L’impianto scenico di Boris Kudlicka ricrea un hotel visto in sezione disposto su due livelli collegati da un ascensore e un vano scale; il secondo piano si alza e si abbassa a seconda della situazione con trasformazioni a vista per creare gli interni delle camere, la hall dalla grande vetrata o le aree comuni che favoriscono l’incontro casuale dei personaggi; la struttura inoltre consente un’efficace compresenza scenica rendendo l’avvicendarsi di gag e situazioni particolarmente veloce. L’hotel di design, chiamato “L’Etoile” come reca la grande insegna luminosa ai lati della scena, è un ambiente piuttosto neutro dove prevalgono il bianco e il nero in un elegante pattern a righe, ma sono i personaggi, tutti ben caratterizzati e scenicamente spigliatissimi, a rendere una farsa di per sé prevedibile avvincente ed irresistibile.
Con un cast e una direzione di lusso la produzione sfata ogni pregiudizio nei confronti di un genere “facile” e dell’operetta si apprezzano tutte le finezze musicali.
Nel ruolo en travesti di Lazuli, Magdalena Kožená risulta assolutamente credibile in vesti maschili e fa del giovane ambulante un “metrosexual” contemporaneo in sneakers, tracolla e berretto che assomiglia in modo impressionante a Jude Law. La cantante convince per un registro medio suggestivo e la capacità di trovare sempre il giusto accento,sfumando con sensibile delicatezza dai toni divertiti del monello birichino a quelli lirici dell’innamorato e la romanza con cui si affida alla sua buona stella (citazione della “O du mein holder Abendstern“ wagneriana) acquista una vena patetica che sospende per un attimo l’atmosfera giocosa dell’operetta screziandola di un’ineffabile malinconia.
Jean Paul Fouchécourt sfodera una comicità irresistibile nel ruolo del re capriccioso e credulone. In tenuta kaki da dittatore militare o avvolto in un gigantesco mantello rosso con tanto di ermellino, è la caricatura del monarca assoluto megalomane e iracondo e anche la bassa statura si presta a fini comici (inevitabile non pensare a famosi uomini di potere dei nostri giorni).
La voce ben timbrata, la mimica e l’idiomaticità linguistica contribuiscono a renderlo personaggio centrale e con l’allampanato astrologo di Giovanni Furlanetto costituisce una coppia comica perfetta.
Juanita Lascarro è una Principessa Laoula aggraziata dalla voce argentina e gli eleganti abiti sartoriali anni ’50 ne esaltano l’avvenenza.
Eccellente la temperamentosa Aloès di Stella Doufexis per la voce piena da autentico mezzo e la disinvoltura scenica.
Il Principe Hèrisson è Douglas Nasrawi, assolutamente perfetto nel ruolo del diplomatico ottuso che ottiene il fine opposto a quello sperato; Floria Hoffmann è Tapioca, il segretario scialbo e senza qualità, ma all’occorrenza capace di sedurre la donna del capo. Concludono adeguatamente il cast Andreas Bornemann (Patacha) e Jens–Erich Schulze (Zalzal).
La direzione di Sir Simon Rattle, in piena sintonia con quanto avviene sul palcoscenico, è di una leggerezza e mobilità sorprendenti, tutta giocata sulle variazioni di ritmo e sfumature, assolutamente perfetta. Rattle imprime tutta la levità che il soggetto richiede, le citazioni musicali affiorano nella spumeggiante partitura con humour ed eleganza, e inoltre, forte di una compagine orchestrale di alto livello, conferisce grande rilievo ai coloriti orchestrali e alla raffinatezza timbrica propri di Chabrier. Ottimo e compatto il coro preparato da Eberhard Friedrich, affiatato anche nel vorticoso movimento scenico.
L’impressione è che si stiano davvero divertendo tutti, in sala come sul palcoscenico, in una di quelle serate in cui si esce dall’opera felici e soddisfatti, come forse avveniva ai tempi di Chabrier ed Offenbach.
Visto a Berlino, Staatsoper, il 19 dicembre 2011
Ilaria Bellini